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mercoledì 19 maggio 2010

Egyptian paste revealed - Part 1: I segreti della pasta egiziana







Un paio di mesi fa ho riaffrontato l'idea di produrre perline in ceramica e mi sono ricordata della pasta egizia pronta che avevo comprato l'anno scorso negli USA e non avevo mai provato. Ho spulciato tutte le mie fonti in cerca di notizie e istruzioni per l'uso e per la verità i testi sacri ne fanno cenno solamente "en passant" in riferimento all'uso che se ne faceva nell'antico Egitto. Infatti la pasta egiziana è un impasto autovetrificante a bassa temperatura, monocottura quindi, prevalentemente turchese, già usato settemila anni fa nella costruzione di monili, perle e piccoli accessori. Ha una composizione che la pone a metà strada tra una terra e uno smalto, come si evince dalla ricetta di Ceramics Monthly:

Nefelina sienite 39%
Soda Ash 6%
Bicarbonato di Sodio 6%
Caolino 6%
Ball Clay 6%
Silice 37%
Solitamente vi si aggiunge un 2% di bentonite per una maggiore plasticità, oltre al colorante desiderato. Il turchese di rame è per l'appunto quello più noto, ma è possibile ottenere altre tonalità con altri ossidi e persino con i pigmenti pronti (mason stains. Per la verità oltre a queste notizie, dai libri non ho cavato ragno dal buco.
Mi mancavano parecchi particolari cruciali su come fare oggetti smaltati a tutto tondo: come sorreggerli in forno, con quali materiali e accorgimenti e perciò dopo aver cercato in rete - e come si sa la rete per definizione offre sempre notizie contraddittorie - ho fatto le mie esperienze con la pasta turchese di rame e quella blu di cobalto, delle quali renderò conto nei prossimi post, visto che uno solo non lo può contenere. Spero che possano essere utili a qualcuno. Nelle prossime puntate: Impasto e foggiatura, Supporti e cottura.

sabato 8 maggio 2010

Nuovi mondi, nuove esperienze


C'era un volta la ceramica, e già questo era un universo sufficientemente complesso, foggiatura a mano o a tornio, bassa o alta temperatura, ossidazione o riduzione, infinità di trattamenti superficiali a crudo - alterazione e deformazione, a durezza cuoio - barbottine ed engobbi,a biscotto - smalti e ogni altra diavoleria che il buon Dio ha messo sul piatto del vasaio.
Poi arrivò un numero di Pottery Making Magazine dedicato al vetro, e l'aspirante ceramista ebbe una folgorazione: con lo stesso forno da ceramica era possibile fare vetrofusione!! In realtà la nuova galassia scoperta poneva tutta una serie di problemi aggiuntivi, tempra, coefficienti di espansione, e questi richiedevano nuove ricerche e nuove sperimentazioni. Il nostro vasaio si documentò avidamente ma capì che il suo forno non avrebbe potuto gestire facilmente la nuova impresa. Scartata l'idea di acquisire un forno solo per il vetro, incappò in un marchingegno che consentiva di raggiungere le temperature di fusione in un comune forno a microonde, ed iniziò a sperimentare il nuovo medium. Produsse così degli oggettini simpatici che però richiedevano un supporto per non essere completamente inutili: cordoncini, catenine che sorreggessero i piccoli vetri.
Al solito disgustato dal dover acquistare oggetti finiti per queste imprese futili, gancetti, fermagli e quant'altro, ricordò di aver avuto in passato un interessante libro-CD, "Raku beads", che oltre a rendere conto della creazione di perle e pendagli per l'appunto Raku, brevemente spiegava come costruire le suppellettili necessarie per metterle insieme con il filo metallico. Si spalancò così un nuovo mondo che tenne occupato il nostro gepetto per qualche settimana, durante la quale egli diede vita a girocolli "hippie chic", ristrutturò gli orecchini raku prodotti in altri tempi e sondò le possibilità della rete in questo settore. Trovò una quantità di pagine e video che spiegavano come lavorare il filo d'ottone, di rame e d'argento, costruire gancetti, orecchini etc. Si affezionò così alla pagina di Alessia, una ragazza di Lecco che nel suo blog "Beads and Tricks" generosamente insegna i trucchi della specifica disciplina, il "Beading" e finalmente pensò che forse era giunta l'ora di riaffrontare le sfide della gravità e del fuoco. Tornò quindi all'argilla ed iniziò nuovamente a sperimentare con le terre, compresa la pasta egiziana, le textures e gli smalti, inventando sostegni e treppiedi, perché se vuoi una perla smaltata a tutto tondo devi trovare il modo di tenerla appesa in forno senza che tocchi nulla, e se vuoi perle raku devi trovare il sistema per movimentare le perle incandescenti senza che si incollino tra di loro. Dovette testare la resistenza dei vari fili di ferro zincato, ricotto, inossidabile per trovare la soluzione più affidabile ed economica, ma con pazienza e ingegno, ne venne a capo. Così vennero alla luce nuove stelle e nuovi soli, nuove materie prime per i nuovi giochi, i quali avrebbero dato vita a nuove esperienze e nuove conoscenze.
La storia in realtà e' molto più lunga e complessa ma questo e' l'unico modo che ho trovato di rendere l'idea. Partendo dall'argilla informe è possibile circumnavigare mondi e ritornare alla terra, la bellezza e il tormento di questo medium sta proprio nell'assenza di limiti.