mercoledì 7 ottobre 2009

Potter pride



Di recente ho letto una intervista a Ayumi Hori, per sua ammissione “vasaia”. Certo la parola inglese potter evoca assonanze che l’italiano sminuisce. La parola vasaio in italiano anzi trasmette un senso di tradizione non attuale, nel migliore dei casi di mestiere superstite, di fossile vivente. In italiano è preferibile il termine ceramista, e di conseguenza si mette l’accento sul materiale, non sulla funzione dei manufatti. Guai invischiarsi con una connotazione funzionale per la quale si rischierebbe di essere declassati.
Per gli artigiani anglosassoni esiste una sorta di “potter pride” che richiama sia l’antica tradizione che le rielaborazioni contemporanee della Studio Pottery. Da noi invece c’è il basso artigianato del produttore di manufatti d’uso, il vasaio, da una parte, e dall’altra il ceramista, l’artista della ceramica per il quale la funzione è secondaria se non controproducente. Siamo costretti a parlare addirittura di artigianato artistico, cosa che complica ulteriormente il panorama, per non confonderci con tutti gli altri abitanti della confartigianato, parrucchieri, idraulici ed altre degnissime professioni.
Fin qui una digressione linguistica che è molto probabilmente una deformazione professionale (noi traduttori siamo programmati per interrogarci sulla trasposizione delle idee in altre lingue ed altri ambienti). Ad ogni modo Ayumi Horie, per l’appunto vasaia, potter, si proclama tale con fierezza per il desiderio di evitare ogni autocompiacimento e per richiamarsi alla tradizione fin dalla definizione.
Qualsiasi essere umano, ad ogni latitudine ed in ogni momento storico ha sempre e immediatamente compreso che cosa fa un vasaio. Ed Ayumi Horie vuole essere parte di quell’evoluzione, di quel percorso. Plasmare oggetti d’uso in argilla oggi significa interpretare con gli strumenti odierni un’esigenza e una pratica che risalgono alle origini dell’umanità. Servirsi della terra, foggiandola con le mani, per ottenere manufatti che adempiano alle funzioni primarie dell’essere umano. Possibile che ci sia da sentirsi sminuiti se ci chiamano vasai?? A proposito di Ayumi Horie, vale la pena di vedere come da forma alle sue forme a tornio. http://www.youtube.com/watch?v=CXLfq0iaSXI In foto una mia Brocca con bicchieri yunomi-style, lavorazione a tornio con modifiche, decorazione a barbottina, vari smalti sovrapposti, bassa temperatura.

sabato 12 settembre 2009

Quelle piccole grandi soddisfazioni


Oggi il bicchiere è mezzo pieno.
Per quanto rare nella vita di un solitario ceramista, qualche volta le soddisfazioni arrivano. In questo caso non si tratta di una vittoria eclatante, di un premio o di un'impennata nelle vendite. Si tratta piuttosto di un commento lusinghiero fatto da "qualcuno che se ne intende". Nella fattispecie il complimento qui è venuto dal mio socio in affari, un altro spirito libero dai molti e variegati talenti, qualcuno che ha fatto il ceramista professionalmente quando da queste parti la parola raku era ancora sconosciuta e confusa con la gastronomia giapponese, qualche decennio fa. Curioso e incostante per natura, il socio al tempo sperimentava liberamente nell'universo ceramico, costruiva forni, formulava smalti, padroneggiava la tecnica. Per questo quando ci si incrocia in ufficio e io entro in argomento, magari ancora inebriata dalla mia ultima minuscola scoperta, che ne so, uno smalto variegato, una forma ardita, la foto di un oggetto ben riuscito, epifania dei poveri, di norma la risposta che ricevo è "been there, done that". Vale a dire "sì, l'avevamo già fatto vent'anni fa, ma come, non lo sapevi?" Un bonario bicchiere d'acqua fredda lanciato contro il mio entusiasmo.
Ebbene questa settimana il maleficio si è spezzato. Ho fatto vedere l'interno di questa ciotola con la combinazione di smalti che io chiamo "laguna 69", bassa temperatura, forno elettrico e finalmente il socio ha pronunciato le parole magiche "Questo sì che è un bello smalto".
Non è il Pulitzer per la ceramica, ma per ora mi accontento.

giovedì 10 settembre 2009

Se hace camino al andar



Machado diceva "Golpe a Golpe, verso a verso, se hace camino al andar" (Colpo dopo colpo, verso dopo verso, la strada si fa mentre si cammina). Si procede a piccoli passi, si inciampa e si avanza anche quando sembra di essere fermi.
Nella fattispecie la vita del ceramista in erba è parca di soddisfazioni. Sarà perchè in questa società industrializzata e di consumo l'artigiano è un anacronismo, sarà perché pochi riescono a concepire l'ostinazione che serve per inseguire una passione così impegnativa. D'altronde, si sa, la passione è come l'esperienza, difficile da trasmettere. Riesce vagamente avvilente constatare che ciò che a me costa fatica e tempo spesso non significa molto per chi non capisce il lavoro manuale o semplicemente non conosce (sopratutto se ama circondarsi di marchi e di firme).
Questo è un percorso lungo, solitario e scarsamente condivisibile. Un conto è condividere un viaggio, un altra storia è vedere le foto di un giro in cui non si è stati, non si può pretendere più di tanto trasporto. Per questo forse non trovo l'entusiasmo che mi aspetto. Per questo qualche volta mi succede di dispiacermi quando non trovo incoraggiamento. Certo il dispiacere non dura molto e questo viaggio subito mi stuzzica con un'altra esperienza, una nuova tecnica da provare, un'idea improvvisa, uno scarabocchio su un pezzo di carta che mi fa tornare la voglia di rimettere le mani in pasta. Si riparte per altra destinazione.

Me ne frego se non si capisce, a me questo viaggio piace un mondo.
PS. Allego foto di due paesaggi che mi sono piaciuti molto.

mercoledì 29 luglio 2009

Pindolmaker








Una breve nota per tranquilizzare tutti i miei lettori (tutti e due). Per coloro che si stanno ancora chiedendo che ne è stato dei pindoi raku, lippe raku o comunque vogliate chiamarli/e costruiti due settimane fa, buone notizie: sono stati ultimati e sono venutibenissimo. Quattro erano colorati a engobbio e quattro a smalto, con le basette (intendendo piccole basi) nero opaco in pieno stile raku. Quelli a engobbio sono moooooolto belli, molto cavillati, poiché pare che la curvatura incoraggi la formazione del craquelé. Quanto agli altri quattro, due hanno dato una riduzione interessante, e due sono venuti in perfetta ossidazione. Tradotto per i non capenti, uno ha una superficie metallica, un altro delle striature rosse, il terzo non ha dato il metallo atteso dal turchese di rame bensì un turchese matt, e l'ultimo anziché rosso sangue di bue o metallico per il 3% di ossido di rame, è venuto verde, pas mal ma verde insulso. Questi ultimi due li avrei scartati ma i committenti hanno deciso che vanno benissimo lo stesso. Quindi, per vederli di persona non resta che presenziare alla premiazione del "Primo Torneo Internazionale di Pindol Città di Feltre", sabato 01-08-09 in Piazza Isola: sarò presente in qualità di autore degli agognati trofei, nonché di cameriera al banco della birra.

domenica 19 luglio 2009

Strings attached e diritto dell'artista


Detesto rimangiarmi la parola, e quindi sono molto infastidita dalle persone che dicono che faranno delle cose come se fossero ormai fatte, solo per dimenticarsene subito beatamente. E' parte del mio carattere, probabilmente un residuo atavico di cromosomi fuori tempo massimo, cosa d'altri tempi. Io ho un posto nella mia mente in cui tengo nota di ciò che ho detto e a cui non ho tenuto fede. Perciò qui intendo porre rimedio agli annunci proclamati in post precedenti e rendere conto di:
1. che ne è stato del puzzle dell'ultima cottura raku, cosa ormai dell'autunno scorso.
L'idea era brillante, come lo sono tutte le idee nella mia mente, specialmente quando sotto l'effetto di sostanze mood-altering (caffeina compresa). Si trattava di fare un telo con tasselli di semirefrattari spruzzati di ossidi e cotti a raku poi legati con il filo di rame. C'era stato un precedente altamente gradito dai destinatari, un prototipo 30x20 bluastro con un'unica variazione in rame metallico che io non ho trovato particolarmente entusiasmante, ma che per l'appunto, era piaciuto molto. Ho tentato quindi un'impresa di più ampio respiro, 50x50, con una spirale grande a riserva di cera e ossidi localizzati. Prima della cottura il concetto grafico era così ovvio che mi è sembrato superfluo contrassegnare i tasselli (cosa che avrei dovuto fare ancora a crudo) per la successiva ricostruzione. Ma si sa, il fuoco vuole la sua parte, e una volta estratti dal secchio della postriduzione i tasselli erano interessanti, rame metallico sparpagliato (boy we have copper) e interessanti contrasti con il nero della carbonizzazione. Quindi, il colpo di scena: ho scoperto di essermi lasciata alle spalle la parte più facile, il duro era rimettere insieme i pezzi. Posto che io sono nota per essere incapace di fare i puzzle e per la mia totale inabilità nei giochi di società, non mi che resta dire che il puzzle è rimasto sul tavolo di casa mia per due lunghe, lunghissime settimane, in attesa del contributo alla ricostruzione dei passanti, nipoti e morosi delle stesse, cugine e relativa prole e di chiunque altro vi si trovasse a circolare, idraulico compreso. Ho speso le serate, e parte delle nottate di quelle due settimane a trovare un senso alla spirale, e quando ne sono venuta a capo ho scoperto che mi avanzava una fila di tasselli. Ho risolto l'enigma esercitando il diritto dell'artista: è così perche lo dico io.
Il manufatto ha destato un discreto interesse alla mostra dell'artigianato. C'è stato addirittura un potenziale cliente (poi "liquesosi", ma non perdiamo le speranze) che l'ha ammirato descrivendolo come, cito letteralmente, "molto craneosacrale". Che avrà voluto dì????

domenica 12 luglio 2009

Una chiosa sul "pindol"


La lippa è un antico popolare italiano che risale al "XV secolo". È noto con questo nome in Toscana e altre regioni, ma ha anche diverse denominazioni dialettali: per esempio a Brescia è noto con il nome di "ciancol", a Verona come "s-cianco", a Treviso come "pito", a Mantova come "s-ciancol", a Mede come "ciaramèla", a Ferrara come "Bac e pandòn", a Venezia come "pandolo" o "massa e pandolo" (in tempi moderni "mazza e pindolo"). La pratica della lippa s'è diffusa in varie nazioni europee quindi periodicamente si disputano tornei internazionali a livello agonistico. A Conza della Campania in provincia di Avellino si chiama "mazza e pieuz". A Roma "nizza". Fin qui Wikipedia, liberi di saltare questo primo paragrafo se siete già edotti.
Invece a Feltre si chiama Pindol, ma mi dicono che a Cesiomaggiore è noto come Mago. Si gioca con due pezzi di legno, generalmente ricavati dai manici di una scopa, uno di circa 15 cm (il pindol) in lunghezza con le estremità appuntite, l'altro lungo circa mezzo metro (la mazza).
Premesso che, pur avendone visto qualche partita, le regole del gioco mi sono ancora oscure (come peraltro quelle del baseball di cui fui inebetita spettatrice a Los Angeles in gioventù; chiosa alla chiosa, è la prima volta che scrivo la parola gioventù riferendomi al passato: orrrrrrrore...) il mio nome resterà inciso nella storia del Primo torneo di Pindol "Città di Feltre" per aver realizzato i trofei, A FORMA DI PINDOL http://www.magozerobot.com. Questa è la commissione, the assignment. E qui si torna alla ceramica. Come si fa ad ottenere degli oggetti a forma di pindol, cilindretti con le estremità coniche in materiale adatto alla cottura raku? La prima idea è stata ovvia: si rulla un salsicciotto di refrattario e se ne modellano le punte. Scarsamente praticabile con spessori di 3, 4 cm, almeno perché venga qualcosa di decente. Poi c'è per l'appunto il problema dello spessore... come evitare che scoppi in cottura o in post riduzione? Stravolgendo la prima idea e costruendo un cilindro a lastra, a cui applicare i coni in semirefrattario fatti a tornio!!! EUREKA!!! I punti deboli sono le saldature, ma con un po' di fortuna e un margine di sicurezza, riuscirò ad ottenere i 4 manufatti richiesti. Ultima considerazione: il gioco è già cominciato: ci gioco io con l'argilla e gli smalti, ci giocherà il fuoco sulla superfici. Oggi ne costruisco altri quattro, non si sa mai, per il resto, speriamo bene!!!

sabato 11 luglio 2009

Digestione lenta


Mi ci sono volute due settimane prima di affrontare di nuovo la ceramica. Sarà che ho la digestione lenta, sarà che la scorpacciata della Mostra dell'artigianato non ha portato una grande sferzata di entusiasmo... Beninteso, è andata bene, anche meglio dell'anno scorso, lo stand era persino più carino, le mie cose erano di qualità migliore e la nuova produzione più coerente. Peraltro ho resistito strenuamente alla stanchezza e alle contrarietà senza farmi cogliere dall'emicrania (fino alla domenica successiva)... Ma il fatto che mi preoccupa, anche se mi rallegra sul piano personale, è che i miei clienti sono i miei amici e i miei congiunti. Sono stati così carini da esternarmi il loro apprezzamento portandosi a casa le mie ceramiche. E io gliene sono enormemente grata, anche perché in alcuni casi potrò rivederle a casa loro e mi riempie di gioia sapere che saranno utilizzate da persone a cui voglio bene. Ma d'altro canto questo mi fa temere che questa storia rimarrà un hobbie, anche se impegnativo, ed io dovrò continuare a tradurre frigoriferi, lavatrici e barriere paramassi per vivere e potermi concedere una casa e il lusso di avere un hobby.
Eppure alcuni obiettivi sono stati centrati: ho conosciuto delle persone nuove che apprezzano il mio lavoro, ho trovato due allieve - cosa che in sé per me potrebbe essere un impiccio visto che non mi piace insegnare, ma almeno mi apre una forma di condivisione possibile - e poi ho svuotato un po' i miei scaffali e fatto posto per quello che verrà. E tra ciò che verrà c'è la produzione dei trofei per il torneo di pindol, mago, lippa o comunque si chiami il progenitore del baseball, che mi sono stati commissionati dai miei bizzarri amici. Ma questo è ormai un altro post.

sabato 23 maggio 2009

Ancora la Mostra dell'artigianato di Feltre



In questi ultimi tempi ho fatto molto e detto poco, e questo per un ceramista (o aspirante tale) potrebbe solo essere un pregio. Mi sono concentrata sui pezzi che ritenevo più rappresentativi del mio ultimo periodo e ho fatto un'ultima settimana di concitate cotte di smalto a 1020°C. Ne parlo un'altra volta, perche di novità ce ne sono. Per ora solo una foto e un invito a porte aperte: Stesso luogo, stessa spiaggia stesso mare, domani sabato 27 e domenica 28 fino a mezzanotte. Per ora a parte il tempo VENITE A TROVARMI!!!!

martedì 14 aprile 2009

Voglio essere Silvia Potter!


Momento di sfogo. Adesso che ho capito cosa voglio fare da grande (la ceramista, non si era capito?) trovo veramente frustrante dovere continuare a fare tutto ciò che il mondo si aspetta che io faccia (lavorare, gestire le questioni famigliari detto in sunto, per non allungare la lista fino alla nausea), dovendo ancora rubacchiare il tempo per fare ciò che in realtà sarebbe già un lavoro di suo. Faccio fatica a sviluppare progetti di più ampio respiro perché sono sempre di corsa. Mi diverto veramente di rado perché in realtà sto già pensando a ciò che avrei dovuto fare, col conseguente anche se vago senso di colpa. Sono prossima ad un incrocio, ma nel frattempo devo mordere il freno, respirare profondamente e continuare a ceramicare nella mia testa. Allego una foglia come augurio di buona primavera.

martedì 20 gennaio 2009

Ceramica negli Stati Uniti


Questo viaggio invernale ha decisamente portato diversi sviluppi in tema di ceramica. Ho visitato un centro per le arti visive nei pressi di Kahului nell'isola di Maui (Hawaii) e li' ho visto al'opera un paio di ceramisti texani; ho visto il lavoro di taluni artigiani hawaiiani (i centri turistici pullulano di negozietti di artigianato che loro chiamano "galleries" decisamente scavalcando la staccionata che divide l'artigianato dall'arte); ho avvicinato il vulcano Kilauea in eruzione e ho osservato le tracce del suo lavoro raku sulle pendici dei crateri, resti di pirite dorata su nera lava. Incredibile quanto la geologia abbia in comune con la ceramica. Ho anche scoperto che i laboratori di ceramica sono propensi agli incendi, verificando di persona cosa resta di essi dopo il disastro. Ho preso un sacco di appunti mentali su spunti che vorrei sviluppare, ma soprattutto, ho visto a Pomona, presso l'American Museum of Ceramic Art (AMOCA) lo straordinario lavoro congiunto di Tom Coleman e Frank Boyden. Coleman e' un maestro nell'uso del tornio e nella formulazione degli smalti. Boyden incide straordinarie figure sulle superfici tornite, evocative di elementi naturali, pesci e uccelli specialmente, mentre altre volte traccia sulla creta riflessioni filosofiche sulla vita e la morte. Gli artisti testimoniano di una collaborazione estremamente rispettosa delle proprie individualita' che si traduce in opere di grande suggestione.