domenica 29 maggio 2011

Operazione carciofo /The Artichoke Operation

Non tutte le ciambelle riescono con il buco, ma non è detto che tutte le ciambelle senza buco siano da buttare. La più frequente causa di moria degli oggetti crudi è l'inettitudine, la mia per inciso, e ci sono certe giornate...
Ieri stavo modificando la superficie di una ciotola grande sulla torniella, avendo stupidamente  lasciato un vasetto monofiore ancora crudo (quello che in inglese chiamano bud vase "vaso da bocciolo") troppo vicino al mio raggio d'azione, con il risultato che il vasetto è precipitato verso una nuova vita possibile, ovvero sul pavimento. Dopo aver santiato ripetutamente l'ho semplicemente rimesso a bagno.
Altro caso penoso, all'unico gatto di questa stagione (qualche anno fa facevo un sacco di gatti raku) è toccata una sorte simile, avendo miseramente perso la coda al momento di essere caricato in forno. Cosa fare a questo punto se non respirare profondamente e pensare filosoficamente che questo sport non è adatto ai deboli di cuore...



Poi l'altro giorno mi sono ribellata. Stavo appoggiando una ciotola rovesciata sul tornio per ritornire la base - operazione che dà la forma definitiva all'oggetto - e contemporaneamente cercavo col piede destro il pedale del mio Shimpo. Mai cercare di fare troppe cose in contemporanea! E soprattutto mai riposizionare il pedale con il tornio acceso. A questo punto sono intervenute due aggravanti: 1 - il mio vecchio tornio (quello su cui ho imparato a tornire) ha il pedale fisso, per cui il mio piede non è abituato a questi rischi e
2 - secondo le istruzioni del fornitore dello Shimpo avevo precedentemente svitato il dado per evitare quel noioso scattino iniziale che probabilmente avrebbe salvato la mia ciotola.


Cos'è successo? Il piede ha trovato sì il pedale, ma anziché spostarlo lateralmente nella posizione d'uso, l'ha schiacchiato fino in fondo causando l'improvvisa rotazione del tornio e la rovinosa corsa della ciotola contro il paraspruzzi e contro le teste dei bulloni che servono a fissare i piatti da tornio. E questa volta ho, come da manuale, nell'ordine: santiato, respirato profondamente, filosoficamente pensato che la ciotola stava per ritornare nel "tutto"... ma poi mi si è accesa una lampadina. Visto che la forma non era compromessa e che la durezza dell'argilla era ancora manipolabile, perché non tentare di risolvere i bordi in altro modo?? Ecco a voi quindi il risultato "serendipitoso" dell'incidente, che è stato poi volontariamente ripetuto per ottenere una serie di recipienti concentrici con i lati a petali che danno all'insieme quell'aspetto "a carciofo" a cui accennavo nel titolo. Non ho idea a che possa servire, ma lo trovo abbastanza aggraziato. Faccio sempre a tempo a distruggerlo al momento di caricarlo in forno...


Qui ci sarebbe lo spazio per la versione inglese di questo post. Ma siccome non mi risulta che nessuno mi stia leggendo in inglese, ho deciso di scioperare.  

domenica 8 maggio 2011

Il fascino della terra cruda / The appeal of greenware

Mi sono sempre chiesta per quale motivo trovo più entusiasmanti gli oggetti in corso di lavorazione degli oggetti finiti. La terra foggiata ma ancora cruda è piuttosto inutile, ma esprime appieno il fascino della ceramica, cioè la materializzazione di un'idea non ancora compiuta e perciò al massimo delle sue potenzialità. E' un po' come un sogno che inizia a prendere corpo, non è più solo un concetto astratto e sfuggente. Ha una sostanza, anche se perfettibile, che proprio perché perfettibile contiene il seme della massima bellezza. Ovviamente in quanto ancora cruda la forma è ancora reversibile, ed ecco che sempre più spesso - sto diventando esigente - l'oggetto tornito non supera il giudizio dell'autore e finisce nel secchio dell'argilla da recuperare, di ritorno allo stato di pura materia informe.  L'oggetto cotto e smaltato invece è ancora è scarsamente passibile di modifiche (al massimo si può ricuocere lo smalto o fare un terzo fuoco, entrambe pratiche estreme ed antieconomiche per quanto mi riguarda), è perciò finito nel senso di non più infinito, cioè privo di possibilità di ulteriori sviluppi, privo di futuribilità. So di star sconfinando nel filosofico, ma il fascino dell'incompiuto è un parametro guida della mia immaginazione. I momenti più esaltanti della mia vita sono sempre stati quelli in cui ho prefigurato scenari che sarebbero stati successivamente smentiti dalla realtà del vissuto. Infatti, raramente l'esperienza è all'altezza dell'immaginazione e forse è questa la chiave del fascino che l'argilla informe esercita su di me. Può essere ogni cosa, o quasi, al punto di dare un senso di smarrimento o di imbarazzo, ma una volta avviata verso la forma l'argilla a me dà un senso di progettualità molto più soddisfacente del risultato finale stesso. In foto due delle mie eterne ossessioni: foglie e spirali attualmente in corso di lavorazione.


I've always wondered why I find unfired pots far more interesting than actual finished ware. Greenware is pretty useless in practical terms, but it represents ceramics at its most fascinating. It embodies an unfinished idea, therefore it embodies a full spectrum of possibilities. It's like a dream that's just beginning to become true, not just an abstract, fleeting thought. It is substance and yet it is perfectible, which means that it still holds potential for beauty. On the other hand, of course, being unfired, greenware can still be reversed into pure material and end up in the clay reclaiming bucket, something that is actually the more common as I become the more demanding.  Finished ware is still liable to be altered by a third fire - which actually does not fall within my habits - but it is finished, or rather no longer infinite, no longer capable of developing. I know this is becoming philosophical - bear with me if you can - but beginnings have always been the backbone of my imagination. The most exciting moments of my life were those in which I was imagining scenarios that life would later prove wrong. As a matter of fact, very rarely experience measures up to immagination: maybe this is the reason why I am so seduced by formless clay. It can be anything, or almost anything, to the point of inspiring dismay or embarrassment, and yet as soon as it becomes form clay gives me a sense of purpose that I find a lot more rewarding than the final result.  In the pictures two old obsessions of mine, leaves and spirals on pots currently in process.