lunedì 21 novembre 2011

Le tazze a tre piedi modello Pierantozzi

Ovvero cosa succede quando ci si prova a seguire le istruzioni del DVD "What if? Explorations with Texture and Soft Slabs" di Sandi Pierantozzi. Ogni anno all'appuntamento di Scomigo cerco di presentare qualcosa di nuovo.  L'anno scorso avevo costruito delle scatole texturate in refrattario. Quest'anno - non avendo avuto altre idee brillanti - ho deciso di provare a costruire delle tazze con il metodo di Sandi Pierantozzi di cui ho già riferito. Ho portato della terra rossa piuttosto umida, una serie di timbri a rullo da me creati e un paio di rettangoli di cartoncino da usare come dime per le lastre e ho cercato di costruire delle tazze.


Modello Giuditta n.1 
Il primo tentativo è stato piuttosto deludente. Prevedendo di dover espandere il volume dall'interno ho usato uno spessore di lastra eccessivo (8mm) e il tazzone è diventato pesantissimo e troppo grande. Il manico poi, rullato e inciso è decisamente eccessivo. Una tazza per pesi massimi.










Modello Giuditta n. 2
Già più proporzionata. Ho usato  lastra meno lunga e di spessore ridotto, cioè un diametro minore, ma il manico è ancora eccessivo.














Modello Giuditta n 3
Più piccola, ma proprio con il manico non ci siamo. Soprattutto quando provo ad attaccarlo non in corrispondenza del piede ma tra due piedi, cosa che comporta un equilibrio precario e un problema statico. La tazza tende a sbandare per il peso del manico, che si appoggia ed evita che cada del tutto, ma immaginate che fine farebbe il liquido contenuto nella sbandata... Bocciata.










Modello Giuditta n 4
Non male come forma, anche se un po' storta.
I manici rullati di Sandi non vanno bene per me.
Poi però mi viene in mente che questi manici sono presentati come una scorciatoia per chi non li sa fare tirati. Considerando che io ci ho impiegato anni a imparare a fare i manici tirati, mi è sembrato il caso di tentare a incrociare le due tecniche. Quindi, questo l'ho tirato, poi arricciato e attaccato... tra due piedi... Anche questo perciò è ribaltabile, staticamente controverso.









Modello Giuditta n 5: punto di arrivo
Ecco che quindi arriviamo alla soluzione del problema, per approssimazioni successive (o come rende meglio in inglese "by trial and error").
Manico tirato e modificato, attaccato alla base del piede, dove però va modellato per accompagnare la forma.
Soddisfatta del risultato al punto tentare la possibilità di riprodurne un'altra uguale. Risultato: una coppia di tazze da caffè.






Morale della favola
Quando si implementano le tecniche altrui non è sempre una passeggiata. Data la quantità di variabili in gioco -  tipo di terra, spessore della lastra, profondità del disegno in rilievo e conseguente possibilità di espandere dall'interno, forma e attacco del manico - anche le tecniche che sembrano più ovvie possono presentare delle complessità. E poi è sempre così quando l'insegnante è così bravo da fare sembrare tutto semplice.  E' al momento di mettere in pratica gli insegnamenti che saltano fuori le difficoltà.
La strada indicata da Sandi non è proprio congegnale per me, ma ci ricavo comunque un paio di spunti da utilizzare a modo mio: 1. la possibilità di costruire volumi con forme magari non ricavate a lastra ma a tornio 2. La possibilità di modificare i volumi dall'interno per non intaccare il disegno della superficie. 3. Più in generale, la possibilità di prendere spunto da tecniche non necessariamente affini alla mia produzione, spostandole in ambiti diversi. Non è poi questa la differenza tra copiare e interpretare??

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