lunedì 24 maggio 2010

Nuovo gioco: le perle al lume

C'e un posto nel mio cervello che incomincia a preoccuparsi della fascinazione che il fuoco esercita su di me. Sono attratta dall'incandescenza e dalla fiamma, e quando vado per boschi mi capita di chiedermi, così come magari uno normale si chiederebbe "chissà come si chiama questo fiore" - chissà che cosa resta di questa foglia/sasso/legno se lo cuocio a 1000 gradi??
C'è un'altro posto nella mia mente in cui sono terrorizzata dal fuoco, retaggio di uno spavento infantile, di quando andò a fuoco la falegnameria di mio padre a Buenos Aires e papà si bruciacchiò braccia e sopraciglia per spegnerlo...
Ma il fascino prevale. Forse ciò che mi cattura è la sfida di controllare il fuoco, di misurarmi con lui e sfruttare la sua potenza per i miei scopi.
Ad ogni modo il nuovo giocatolo è un cannello per vetro collegato a una bombola di propano, la stessa che uso per il raku. Il gioco è antico ed è anche una specialità veneziana: le perle al lume. La cosa assurda è che a Venezia si stia perdendo in favore del vetro cinese: vi sfido a comprare vetro di Murano senza essere bidonati, ma questa è un'altra storia.
Avevo pensato di fare un corso per imparare a farle, ma il cannello era qui e funzionava, e in rete ci sono un sacco di video e tutorials... Quindi ecco le prime, tenere perle al lume di silviapotter. Quanto agli orecchini, un grazie a Alessia Beads and Tricks per l'idea del fiore.

venerdì 21 maggio 2010

Il ritorno della pasta egiziana Part III: supporti per la cottura delle perle


Seguito delle parti I- Generalità e II-Impasto e foggiatura.
Questa è la fase che ha richiesto più fantasia, e il discorso si estende alla cottura di perline biscottate e smaltate a bassa temperatura con altri tipi di terre.

Le perline vanno infilate nel filo metallico (1) e poi il filo va tenuto sospeso da qualche marchingegno portante (2).

(1) Il problema del filo metallico era scegliere tra materiali e spessori: filo di acciaio zincato, acciaio inossidabile, o acciaio ricotto (noto come "da edilizia")? Il filo zincato va escluso, perché la cottura esegue il procedimento inverso alla zincatura, col risultato di avere crosticine di zinco in giro per il forno che potrebbero aderire allo smalto (un effetto collaterale di questo fenomeno è comunque una certa riduzione all'interno del forno, il che ha fornito risultati piuttosto interessanti in stile raku come quelli visibili in foto). Il filo d'acciaio inossidabile ha un costo maggiore, ma può essere riutilizzato. Trovo che sia ottimo per fare degli uncini riciclabili, ma inutile se il filo sarà usato una sola volta. In quest'ultimo caso, cioè quando il filo sarà usato per costruire dei sostegni a perdere, meglio usare il filo "da edilizia", più economico e duttile. Quanto agli spessori, il filo da 1 mm è sufficiente. Compatibilmente con i fori delle perline si potranno però usare spessori maggiori, ma se si vuole usare un filo più sottile di 1mm, sarà meglio andare sull'acciaio inossidabile.

(2) Quanto a supporti, ne ho costruiti di vari tipi e qui la discriminante da considerare è se le perline dovranno essere movimentate a caldo o no. In altre parole, se si fa una cottura statica elettrica o a gas si potranno usare marchingegni più semplici, come per esempio delle colonnine in refrattario che reggano bastoncini di acciaio di resistenza adeguata, che a loro volta reggano il filo su cui sono infilate le perle. Se invece le perline saranno rimosse incandescenti dal forno per la post-riduzione, sarà conveniente costruire supporti più complessi ma che consentano una manovra sicura e veloce senza che le perline si tocchino tra di loro. Ecco perché mi sono documentata a questo proposito e ho costruito sostegni di due tipi.


Tipo 1: Ho fatto dei coni in refrattario con dei fori fatti diagonalmente dall'alto verso il basso con un filo da 1.5mm (il refrattario ha un ritiro basso ma ce l'ha, per cui se si usa un diametro da 1mm non si riuscirà a inserire il filo da 1mm dopo la cottura del supporto). Ho fatto molti fori sulla superficie del cono in modo da avere scelta al momento di posizionare le perline in base alle loro dimensioni, sempre per evitare che si incollino tra di loro. Alla sommità del cono ho modellato una specie di maniglia che servirà per afferrarlo con la pinza da raku. Poi ho tagliato un pezzetto di 3 o 4 cm di filo di acciaio inox da 1 mm e l'ho piegato a zig zag con le pinze per bloccare la perlina infilata, e ho poi inserito l'altra estremità del filo nel cono. Trovo questa soluzione soddisfacente per due motivi: Mi piace l'idea di costruire ausili per la ceramica con l'argilla stessa, e poi il filo inox si può riusare più volte.


Tipo 2: L'altro supporto è in metallo e prevede la costruzione di una gabbia con delle staffe di acciaio zincato tenute insieme da bulloni, sulla quale si appenderanno in verticale i fili di perle infilate nell'acciaio economico da edilizia - visto che poi sarà tagliato e buttato - separate dalla solita piega a zig zag. La ragione per cui non si appendono in orizzontale è per evitare che flettendo il filo si abbassi distruggendo le perle sottostanti.

Dopo la cottura a 980/1000°C i monili si staccheranno abbastanza facilmente dai fili, anche se in qualche caso si dovrà ruotare con forza il filo per ottenerne il distacco.

Una cosa buffa che ho notato è che in presenza di umidità anche dopo cotto questo materiale continua a trasudare sali che formeranno delle crosticine antipatiche ma rimuovibili. Questo non significa però che questi sali siano sufficienti a creare nuovo smalto per un’eventuale ricottura.

Credo di aver finito con il discorso pasta egiziana, se ci fossero nuovi sviluppi non mancherò di renderli noti.

mercoledì 19 maggio 2010

Ancora pasta egiziana Part II: impasto e foggiatura


Ogni promessa è debito ed ecco il seguito del resoconto delle mie esperienze in tema di Pasta Egiziana, la continuazione della prima parte che ne descrive le generalità.


Impasto e foggiatura

Dato l'alto contenuto in silice e le conseguenti controindicazioni per la salute, è il caso di introdurre tutti gli ingredienti (la ricetta di Ceramics Monthly nel post Parte I) in un sacchetto di plastica e amalgamare lì l'impasto al chiuso, aggiungendo l'acqua gradualmente fino a ottenere una pasta lavorabile, e maneggiare poi con le mani protette da guanti. Alcune fonti dicono che convenga lasciare riposare l'impasto per ottenere una maggiore plasticità, che è già bassa in questo materiale. Per modellare si possono usare stampi e texture varie ma bisogna considerare che il dettaglio fine non sarà visibile una volta cotto, perché sarà coperto dallo smalto. Il foro della perlina io lo faccio con una punta da trapano da 1.5mm prima che sia a durezza cuoio, trovo che sia uno spessore sufficiente per infilarle come voglio. Con la pasta egiziana non serve calcolare il ritiro, che è praticamente trascurabile.

Una volta formati, gli oggetti vanno lasciati asciugare lentamente su un foglio di carta assorbente posto su una superficie impermeabile. Lo scopo è di consentire che diventino sufficientemente rigidi da poter essere movimentati e appesi sul supporto che li reggerà in forno. Se invece non importa che il lato su cui poggiano rimanga senza smalto - ne uscirà biancastro e secco - si possono lasciare asciugare completamente sulla carta. In entrambi i casi si consiglia un'asciugatura lenta che consenta ai sali di sodio dell'impasto di migrare in superficie per costituire lo smalto: questa la fase cruciale per il risultato definitivo. Si vedrà crescere una peluria di cristalli biancastri che vanno toccati il meno possibile per evitare di rovinare la superficie. La parte non a contato con l'aria - e questo vale anche per la cottura - non vetrificherà, e resterà senza colore. Se non interessa avere perline smaltate fronte e retro basterà appoggiare i monili su un piano da forno protetto da una mano di caolino liquido oppure del proprio kiln wash di fiducia (io uso caolino/ball clay 50/50) e poi cuocerle a 980/1000°C. Se invece si desidera produrre perline smaltate a tutto tondo bisognerà leggere anche il prossimo post: Supporti per la cottura delle perle.

Egyptian paste revealed - Part 1: I segreti della pasta egiziana







Un paio di mesi fa ho riaffrontato l'idea di produrre perline in ceramica e mi sono ricordata della pasta egizia pronta che avevo comprato l'anno scorso negli USA e non avevo mai provato. Ho spulciato tutte le mie fonti in cerca di notizie e istruzioni per l'uso e per la verità i testi sacri ne fanno cenno solamente "en passant" in riferimento all'uso che se ne faceva nell'antico Egitto. Infatti la pasta egiziana è un impasto autovetrificante a bassa temperatura, monocottura quindi, prevalentemente turchese, già usato settemila anni fa nella costruzione di monili, perle e piccoli accessori. Ha una composizione che la pone a metà strada tra una terra e uno smalto, come si evince dalla ricetta di Ceramics Monthly:

Nefelina sienite 39%
Soda Ash 6%
Bicarbonato di Sodio 6%
Caolino 6%
Ball Clay 6%
Silice 37%
Solitamente vi si aggiunge un 2% di bentonite per una maggiore plasticità, oltre al colorante desiderato. Il turchese di rame è per l'appunto quello più noto, ma è possibile ottenere altre tonalità con altri ossidi e persino con i pigmenti pronti (mason stains. Per la verità oltre a queste notizie, dai libri non ho cavato ragno dal buco.
Mi mancavano parecchi particolari cruciali su come fare oggetti smaltati a tutto tondo: come sorreggerli in forno, con quali materiali e accorgimenti e perciò dopo aver cercato in rete - e come si sa la rete per definizione offre sempre notizie contraddittorie - ho fatto le mie esperienze con la pasta turchese di rame e quella blu di cobalto, delle quali renderò conto nei prossimi post, visto che uno solo non lo può contenere. Spero che possano essere utili a qualcuno. Nelle prossime puntate: Impasto e foggiatura, Supporti e cottura.

sabato 8 maggio 2010

Nuovi mondi, nuove esperienze


C'era un volta la ceramica, e già questo era un universo sufficientemente complesso, foggiatura a mano o a tornio, bassa o alta temperatura, ossidazione o riduzione, infinità di trattamenti superficiali a crudo - alterazione e deformazione, a durezza cuoio - barbottine ed engobbi,a biscotto - smalti e ogni altra diavoleria che il buon Dio ha messo sul piatto del vasaio.
Poi arrivò un numero di Pottery Making Magazine dedicato al vetro, e l'aspirante ceramista ebbe una folgorazione: con lo stesso forno da ceramica era possibile fare vetrofusione!! In realtà la nuova galassia scoperta poneva tutta una serie di problemi aggiuntivi, tempra, coefficienti di espansione, e questi richiedevano nuove ricerche e nuove sperimentazioni. Il nostro vasaio si documentò avidamente ma capì che il suo forno non avrebbe potuto gestire facilmente la nuova impresa. Scartata l'idea di acquisire un forno solo per il vetro, incappò in un marchingegno che consentiva di raggiungere le temperature di fusione in un comune forno a microonde, ed iniziò a sperimentare il nuovo medium. Produsse così degli oggettini simpatici che però richiedevano un supporto per non essere completamente inutili: cordoncini, catenine che sorreggessero i piccoli vetri.
Al solito disgustato dal dover acquistare oggetti finiti per queste imprese futili, gancetti, fermagli e quant'altro, ricordò di aver avuto in passato un interessante libro-CD, "Raku beads", che oltre a rendere conto della creazione di perle e pendagli per l'appunto Raku, brevemente spiegava come costruire le suppellettili necessarie per metterle insieme con il filo metallico. Si spalancò così un nuovo mondo che tenne occupato il nostro gepetto per qualche settimana, durante la quale egli diede vita a girocolli "hippie chic", ristrutturò gli orecchini raku prodotti in altri tempi e sondò le possibilità della rete in questo settore. Trovò una quantità di pagine e video che spiegavano come lavorare il filo d'ottone, di rame e d'argento, costruire gancetti, orecchini etc. Si affezionò così alla pagina di Alessia, una ragazza di Lecco che nel suo blog "Beads and Tricks" generosamente insegna i trucchi della specifica disciplina, il "Beading" e finalmente pensò che forse era giunta l'ora di riaffrontare le sfide della gravità e del fuoco. Tornò quindi all'argilla ed iniziò nuovamente a sperimentare con le terre, compresa la pasta egiziana, le textures e gli smalti, inventando sostegni e treppiedi, perché se vuoi una perla smaltata a tutto tondo devi trovare il modo di tenerla appesa in forno senza che tocchi nulla, e se vuoi perle raku devi trovare il sistema per movimentare le perle incandescenti senza che si incollino tra di loro. Dovette testare la resistenza dei vari fili di ferro zincato, ricotto, inossidabile per trovare la soluzione più affidabile ed economica, ma con pazienza e ingegno, ne venne a capo. Così vennero alla luce nuove stelle e nuovi soli, nuove materie prime per i nuovi giochi, i quali avrebbero dato vita a nuove esperienze e nuove conoscenze.
La storia in realtà e' molto più lunga e complessa ma questo e' l'unico modo che ho trovato di rendere l'idea. Partendo dall'argilla informe è possibile circumnavigare mondi e ritornare alla terra, la bellezza e il tormento di questo medium sta proprio nell'assenza di limiti.