giovedì 22 luglio 2010

Il pollaio mediatico e il rischio di plagio

In questi giorni sono stata coinvolta, a dir la verità inconsapevolmente, in una polemica sul plagio tra "creativi" della worldwide web. Già la parola "creativo" mi dà il prurito, mi porta suggestioni legate al design e alla moda con le quali personalmente ho poca affinità.


Il problema è sorto su una vetrina di gioielli di facebook: un utente ha allegramente e integralmente scopiazzato un motivo spacciandolo per proprio. La cosa era abbastanza ridicola perché ha copiato il motivo vincitore della copertina della stessa vetrina (per capirci, la foto del mese della vetrina), pubblicando poi la copia sullo stesso mezzo. L'autore dell'originale - inutile nasconderci dietro a un dito - peraltro già nominata su questa pagina, è una creatrice di gioielli e blogger con un'allucinante seguito di più di 600 lettori fissi, Alessia Spalma di Beads and Tricks. L'ho già citata qui per il gusto che esprime nelle sue cose e per la generosità con cui condivide i trucchi della sua arte.
Alessia si è indignata nel vedersi scopiazzata, ha esternato su facebook, ed è seguita una lunga discussione in cui qualcuno ha preso fischi per fiaschi e a un certo punto ha citato me, nome e cognome, come autore del misfatto. Vagamente divertita, sono intervenuta sia per chiamarmi fuori - quando imito cerco sempre di citare le fonti - ma anche per relativizzare. Ognuno di noi impara per imitazione, ma certo è poco furbo proporsi con la propria, tra l'altro scadente copia da principiante, sullo stesso mezzo. Quando si studia uno strumento, ci si forma a un mestiere, non si può prescindere dagli esempi. Si copia per imparare e solo quando si è padroni di una tecnica, di un materiale, di uno strumento, si può pretendere di personalizzare. Se improvviso sul flauto dopo la prima lezione faccio rumore, non jazz.
Nel campo delle arti il problema è spinoso. Ricordo che tempo fa la mia amica ceramista Whitney Smith si era inalberata allo stesso modo perché un principiante offriva su Etsy una bruttacopia delle sue scodelle matriosca a fior di loto. E ricordo anche di essermi stupita della reazione, perché non si può pretendere di avere il copyright del fior di loto o delle scodelle concentriche. Il problema è di nuovo che il principiante le ha offerte su Etsy, proprio dove erano gli originali.
Ad ogni modo, in questi frangenti la mia politica è la seguente:
1. Cercare di incorporare ciò che mi piace (a rischio di copiare) nel mio ambito di ricerca (la ceramica e il vetro)
2. Citare la fonte quando so di prendere spunto spudoratamente.

Il resto dipende, credo, dall'onestà personale, dalla personale perizia nell'uso del mezzo, e dal gesto che è infuso nell'oggetto, che è ciò che alla fine distingue la qualità artigianale-artistica sia dal prodotto industriale che dal prodotto di un dilettante.
La vita è dura per chi ha stima del lavoro manuale. Non bastava la concorrenza dell'industria, ci si mettono anche i copycats (gli imitatori).
Un'ultima considerazione sull'uso della rete come vetrina. Ero convinta che fosse un toccasana per quelli che come me sono negati per il commercio. Avere un negozietto elettronico potrebbe essere la soluzione per commercializzare in qualche modo ciò che si produce (lo sanno i miei scaffali pieni di ceramica inevasa), ma la diffusione delle proprie immagini sull'arena globale è sicuramente un'arma a doppio taglio. La rete è estremamente democratica e dà le stesse controindicazioni della democrazia.

In foto due braccialetti con le mie sudate perle in vetro lavorate al lume. E quando dico sudate, non lo dico a caso. Cosa ne dite di lavorare a 10 cm da una fiamma che sviluppa oltre 600 gradi in questa estate in stile indiano??

1 commento:

Elena Sanson ha detto...

Sono stupende queste perle "sudate"!