giovedì 30 dicembre 2010

Appena sfornati/New pots


Ultimo post dell'anno per riferire, in extremis, delle ultime novità dal mio forno. Due spunti interessanti, due nuove tecniche per manici e superfici che meritano futuri sviluppi.

Manici controversi

Due brocche con manici interessanti, foggiati a mano in due puntate, dall'attacco superiore e da quello inferiore. Un po’ di varietà per un oggetto tra i miei preferiti da tornire. Brocca Picasso e Tronco di cono, decorazione a barbottina, vari smalti a spruzzo sovrapposti.







Scodella rossa

Una nuova puntata dell’eterno sceneggiato “Alla ricerca della superficie”. Sembra Superquark ed in qualche modo è infatti il resoconto di una nuova esplorazione della terra (intesa come argilla). Questa volta si tratta modificare la superficie contemporaneamente per sottrazione e per aggiunta.


Per sottrazione, dipingendo riserva, nel mio caso gommalacca, sull’argilla cruda a durezza osso. In futuro credo che proverò con la cera calda, l’emulsione a freddo e vediamo cos’altro mi viene in mente. Una volta ben asciugata la riserva, e sempre a durezza osso, si spugna per togliere argilla dalle parti non coperte, ecco la sottrazione. Per aggiunta al solito la barbottina a siringa.

Il risultato offre delle ottime possibilità, a patto che si usi uno smalto collaborativo che non copra interamente i vuoti e metta in risalto i dislivelli.


Ecco tutto per quest'anno. Ci risentiamo al mio ritorno dalle Americhe.



Last post of the year to show what came out of the last glaze firing. "Controversial" handles and shellac reserve /water etching. Two interesting techniques respectively for pitchers - one of my throwing favorites - and surfaces. Worth some future deeper exploration.

"Controversial" handles
Two interesting pitchers with a common pulled handle type. These handles are pulled in two stages from the top and bottom connection points.


Red pot 



A new episode of the everlasting series "on the quest for a decent surface". This time the surface is obtained by removing and adding clay.


I removed clay by painting shellac on the bone-dry pot and then sponging the surface. 
The clay particles not covered by the reserve are removed and provide a nice relief, as long as it is coated with a glaze that breakes over it underlining the effect. I then added dots and lines by slip-trailing as usual. I really liked the result and will probably explore this technique further in the future.


That's it for this year. See you when I'm back from the Americas.

sabato 4 dicembre 2010

Ecoraku da indossare /Ecoraku to wear

Per un ceramista la cottura raku è sempre un momento di festa. Grandi preparativi, un discreto investimento di tempo, e una forte componente di convivialità perché le manovre richiedono più di due braccia. Poi l'incognita dei risultati, non sempre all'altezza delle aspettative, ma sempre sorprendenti. Nel corso degli anni mi sono attrezzata per questa festa, ho letto libri (Steve Branfman soprattutto), ho costruito forni (grandi, piccoli, su ruote, in cemento/lamiera/rete e lana di caolino), ho sperimentato un'ampia gamma di materiali infiammabili e contenitori per la post-riduzione, compresa la "post-riduzione integrale" che consiste nel sostituire la cappa del forno con un bidone, spostando il forno anziché gli oggetti in cottura.




Tutti gli esperimenti fin qui compiuti andavano bene per oggetti di media grandezza con una certa massa e quindi una certa deriva termica. Con la riduzione integrale invece si riusciva a ridurre anche oggetti più grossi senza l'impiccio di spostare grossi pesi incandescenti.
Invece per le cose di piccola massa finora non avevo trovato soluzione. Cuocendoli su delle lastre si riusciva a spostarli, ma prima di riuscire a scaricare il forno i piccoli oggetti si raffreddavano e la riduzione non avveniva. Ho provato a costruire un forno piccolo in lamiera e lana ma la temperatura era estremamente disuniforme e impossibile da controllare, né a occhio né a termocoppia si riusciva a capire quando era l'ora di sfornare i pezzi. Infatti questo è rimasto per lungo tempo un problema senza soluzione.


E poi la settimana scorsa, dopo aver letto un post su ceramic arts daily, che raccomando vivamente, e dopo aver visto gli oggetti di maku su facebook, mi sono decisa a provare a fare la cottura raku in solitaria usando il forno a microonde e uno di quei marchingegni al carburo di silicio noti come "microwave kiln", che avevo iià utilizzato in passato per la vetrofusione.
I risultati sono stati entusiasmanti anche se incostanti. Il rame fa il rame metallico con estrema facilità purché la post-riduzione si faccia in un contenitore piccolo. Carta, foglie e paglia si incendiano facilmente e danno una carbonizzazione estremamente soddisfacente senza creare enormi quantità di fumo.
Dove il rame interagisce con il ferro ho anche avuto iridiscenze variegate, e non ho ancora provato il nitrato d'argento!!! 


 Il procedimento è estremamente empirico, perché bisogna farsi guidare dal colore ce fuoriesce dallo spioncino, ma visto che tra una cottura e l'altra non tarscorrono più di 15 minuti è possibile imparare dall'esperienza e aggiustare il tiro con estrema facilità.  E senza usare gas per la cottura e alimentando il microonde con l'impianto fotovoltaico ho realizzato i miei primi bijoux ECORAKU!  ECORAKU DA INDOSSARE!!!



Raku is a lot of fun for any potter. It requires considerable commitment though, in terms of both equipment and time. It's a long day of work with a friend because I cannot man the kiln and reduction by myself. The effort it takes usually leaves me with a nasty migrain to live with the next day.
Over the years I  researched raku pretty thoroughly, I studied books (Steve Branfman's especially), I built various kilns out of cement/net/sheet metal and kaowool, I tried an array of reduction material and containers. Among these, an impressive "total reduction" technique by which we moved the kiln shell instead of moving the ware. And it all worked fine for medium-size objects with some mass and thermal drift, whereas the "total reduction" technique was grand for large pieces that would have been too difficult to move while red-hot.


But for small stuff like jewel components I could not come up with a satisfactory solution. I tried moving them and reducing them on a slab for ease of handlung and increased thermal drift. I even tried making a small gas kiln that tuned out to be too uneven in temperature and impossible to understand. All to no avail.



Then last week, after reading a post on ceramic arts daily - which I warmly recommend - and viewing the jewels by maku on facebook, I decided to raku-fire jewels solo-style in a microwave oven with one of those silicon carbide gadgets known as microwave kilns that I used to fuse glass in. And the results were very appealing. Copper truly flashed and the blackened surfaces looked like the real thing without me getting all smoked over. I even got some flashing rainbows where copper met iron. I loved it.
Being so very empirical, it cannot be expected to be consistent, but it is easy to learn when a full firing/reduction cycle takes ten to fifteen minutes to the most.
On top of all that, rakuing in a PV-fed microwave means that these were my very first ECORAKU jewels.
ECORAKU TO WEAR!!! WAY TO GO!!